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Luoghi di interesse storico-culturale



Elaborazione a cura della Scuola Sec. I grado di Mombaruzzo su studio delle pubblicazioni degli storici locali Bo, Scaletta, pubblicistica delle carte comunali, consultazione di saggistica dedicata.

Descrizione

PORTA MERLERA
Lungo questo accesso si trovava il ponte levatoio della “Porta Merlera”, a saracinesca, situato alla convergenza di due delle quattro mura altissime, disposte a quadrilatero, che racchiudevano la rocca originaria sulla quale sorse il Castello-Forte, appartenuto ai Marchesi del Monferrato. I due torrioni di sostegno erano ancora presenti a fine '800. La  chiusura della porta interrompeva il tratto della “Via del sale e della seta” (dal porto di Vado-Savona conduceva a Nord, spingendosi fino alle Fiandre) che attraversava il ricetto in diagonale dalla “Porta Vignalis” a battenti, situata sul vertice opposto. Di qui la necessità di aprire le due circonvallazioni tuttora esistenti.    

A sinistra, nel rione Merlera, era presente, al di sotto del torrione, una filanda funzionante ancora nell'800, testimonianza di una fiorente produzione di seta, velluti e drappi pregiati che resero famosa Mombaruzzo fin dal Medioevo, valendole l'appellativo di “Piccola Milano”.

Procedendo, a lato della Chiesa di S. M. Maddalena, una prima residenza nobiliare appartenuta alla famiglia Dacia.

CHIESA DI S.MARIA MADDALENA (XIV SEC)
Chiesa parrocchiale ( dopo la dismissione della pieve del Cervino in seguito  all’arroccamento in “castello”da parte della popolazione) dedicata alla santa patrona del paese è una costruzione in cotto a tre navate con  facciata che riecheggia il romanico, risalente con ogni probabilità ad un primo edificio con una sola navata degli inizi del primo trecento, che  ha subito nel corso dei secoli vari ampliamenti e rimaneggiamenti, come ricordano le iscrizioni poste sulla parte sinistra della facciata relative a due successive consacrazioni.

Situata in  quella  che era la piazza del ricetto -  sede delle riunioni della popolazione - fu teatro di varie vicende nel corso del tempo; sul lato destro della facciata una iscrizione in cotto ricorda un tragico eccidio  avvenuto all’interno nel 1625 ad opera di truppe franco-sabaude. Un’ulteriore iscrizione del 1650 si riferisce alla terribile decimazione della popolazione del paese in seguito al contagio della peste.
A metà del XIX secolo venne rivista la pianta con costruzione della terza navata sul lato destro, con  annessa manica di collegamento alla canonica, che finì per inglobare il portico medievale della piazza. Dello stesso tempo è la decorazione della volta della navata centrale con l’allegoria di S. Maria Maddalena in estasi, i quattro evangelisti e la sistemazione degli arredi lignei, tra cui la cantoria, che sopra la tribuna d’ingresso ospita un pregevole organo antico, costruito nel 1844 dalla storica bottega dei Lingiardi di Pavia.

PLATEA CASTRI
Il pozzo, il cui basamento risale al periodo medievale è sito nell’area che era il centro della piazza del castello (platea castri), cuore della vita del ricetto e luogo di pubbliche riunioni della popolazione. Oltre a fornire acqua sorgiva il pozzo aveva funzione di albo pretorio della vicina domus communis; ai ganci e alle volute dell’intelaiatura, da pensare più ricca ed elaborata di quella attuale, erano, infatti, appesi gli avvisi agli abitanti dell’intera giurisdizione.
Da apprezzare sulla facciata della casa poco retrostante il pozzo, quattro formelle in cotto le cui iscrizioni rimandano alla terribile siccità del biennio 1682-1683, che colpì duramente la popolazione.

La domus communis, ex palazzo comunale, presenta una interessante fascia in cotto nel marcapiano del palazzo. Parzialmente annessa è una torre mozzata appartenente ad un palazzo nobiliare o probabilmente struttura di difesa tipo casaforte adibita in seguito ad uso civile.

Di fronte al pozzo attraverso il vicolo si raggiunge la “pusterla de arealibus”,  via ferrata con funicella in rame che serviva da corrimano per affrontare la ripida salita, unico accesso pedonale alla rocca.

CASA FERRARIS
Tipico esempio di abitazione di famiglia nobile medioevale, affine per genere architettonico agli edifici che si incontrano lungo il percorso fino alla prossima postazione e in seguito di fronte alla chiesa di S. Andrea (postazione n. 9). Queste residenze sono caratterizzate da ampie camere affrescate e splendidi giardini interni.
Casa Ferraris prende il nome dal suo ultimo proprietario, prof. Luigi Ferraris, uomo di cultura e grande benefattore del paese, vissuto nel secolo scorso. Alla sua morte, oltre ad altri lasciti, donò al Comune questo edificio, attualmente sede della scuola primaria di Mombaruzzo e paesi limitrofi.

CASA DE CHIESA - PALAZZO MARCHIONALE
A destra: Palazzo De Chiesa. L'imponenza e la posizione stessa di questa residenza quasi testimoniano l'importanza di quella che fu una delle famiglie più influenti, non solo di Mombaruzzo ma dell'intero Marchesato, presenti nel ricetto.
Recentemente fu sede della Pretura fino al 1922.

A sinistra: Palazzo Marchionale. Residenza del Castellano e, quando presente, del Marchese del Monferrato, con annessa una dipendenza destinata agli ospiti del momento.  Con il passaggio del Marchesato al Ducato di Mantova agli inizi del XVI sec., il feudo di Mombaruzzo venne ceduto alla famiglia genovese dei Di Negro da Ferdinando Gonzaga, successore di Vincenzo I.
La prima Marchesa di Mombaruzzo Leila Di Negro, nipote di Ambrogio Di Negro ex Doge di Genova, convinse il figlio Ambrogio che le successe, a costruire una dimora più imponente e sontuosa: l'attuale Palazzo Di Negro – Pallavicini (1630-1645) in rione Basalone.

PORTA VIGNALIS
Porta carraia, a battenti, dalla quale il traffico proveniente dal porto di Vado - Savona attraversando diagonalmente il ricetto raggiungeva la Porta Merlera per proseguire fino alle Fiandre.

Il percorso procede verso la parte più “povera” del castello, che era occupata dalla parte più umile del contado.

PUNTO PANORAMICO
Da questo affaccio panoramico, si può notare la “Via del sale e della seta” in arrivo e rendersi conto anche dell'ottimo punto di osservazione, nonché delle difficoltà presentate dalla “Rocca” agli eventuali assedianti. Tutto ciò rendeva più agevole la difesa  e valse a Mombaruzzo la fama di “Castello imprendibile”, almeno fino all'avvento della polvere da sparo.

A sinistra è visibile la chiesetta campestre del “Presepio” (1400)

A destra il “convento” dei Padri Zoccolanti ( metà del 1400)

TORRE CIVICA (metà del XIII sec.)
Torre gotica, appartenente  ai marchesi del Monferrato, è considerata una delle più possenti dell'alto Monferrato. Su tutti e quattro i lati conserva le finestre, senza motivi decorativi, poste poco sotto la copertura in coppi, che ripara la campana. Sotto le finestre sono sistemati i quadranti dell'orologio, per tre lati, escluso quello posto sul lato est, verso il presepio, considerato poco utile alla comunità.

La torre aveva funzione di avvistamento; permetteva di scorgere l'avvicinarsi del nemico, dava l'allarme con la sua campana , perché tutti corressero ai ripari e, chiuse le porte di ingresso nel castello, si disponessero alla difesa. Per questo doveva essere sempre presente un uomo di guardia che in caso di necessità, con il corno o suonando la campana, avvertisse del pericolo imminente. Nei secoli XIII e XIV  la torre servì da prigione.

Simbolo del paese, regolava il ritmo della giornata degli abitanti con lo scandire delle ore dell'orologio: richiamava i ragazzi per la scuola; i contadini quando era necessario irrorare di verderame le viti, alle 11  ricordava alle massaie di portare il “desinare” ai famigliari che stavano lavorando nei campi o nelle vigne, specie se lontani, risparmiando loro il tempo e la fatica di un rientro a casa.

Costruita in muratura di mattoni a vista ha pianta a base quadrata, con lato esterno di 4.40 metri,  mentre  lo spessore dei muri alla base è di m. 1.45.

La parte inferiore si presenta in ottima fattura ed esecuzione, meno curata la parte sopraelevata.

S.ANDREA
La chiesa della confraternita di S. Andrea, già citata nei documenti del 1577, aggregata all’Arciconfraternita del Gonfalone di Roma, presenta una solida costruzione con annesso campanile di stile barocco.

I confratelli  vi si riunivano per le funzioni pubbliche ed erano soliti disciplinare le processioni, portando aste con statuine di S. Andrea scolpite in legno o altri simboli o croci dette “sargentine”, oltre a lanterne in ottone dorato di forma esagonale fornite di candele o lumi ad olio.

Il proposito più importante della confraternita era, però, quello dell’esercizio delle opere di pietà e carità rivolte ai pellegrini di passaggio e ai bisognosi del paese.  Per questo nobile scopo adiacente alla chiesa era stato costruito   “l’ospitale”, ( tuttora presente ma radicalmente modificato), un vero e proprio ospizio funzionante grazie ad un patrimonio in beni immobili ed offerte.

Nella area che fronteggia la chiesa e la terrazza panoramica si possono ammirare due bei palazzi contigui, forse di costruzione primaria trecentesca come testimoniano le finestre ogivali quasi tutte ora tamponate.

PALAZZO DI NEGRO PALLAVICINI (1635- 1647)

Palazzo seicentesco di tipico stile genovese, rappresenta uno dei pochi  esempi di architettura ligure in Piemonte.

Voluto dalla nobildonna Lelia Di Negro - nipote di Ambrogio Di Negro, già Doge di Genova - quando, investita dei feudi omonimi e divenuta Marchesa di Mombaruzzo e Contessa di Quaranti, decise lo spostamento del palazzo marchionale dal recinto fortificato del Castello ad una posizione ancora più dominante e di sicuro effetto scenografico.

Realizzò questo suo desiderio, il figlio Ambrogio, suo successore. Benché non sia noto, il costruttore può essere verosimilmente ritenuto di scuola alessiana, essendo qui presenti molte tipologie architettoniche dovute al perugino Galeazzo Alessi, giunto a Genova nella seconda metà del sec. XVI: basamento seminterrato e

finestrato, ampio corpo centrale di disimpegno e rientrante dal lato posteriore, fascioni marcapiano, copertura piramidale e altro. Gli affreschi del piano superiore, peraltro ben conservati, rispecchiano una certa tendenza a riprendere modi cinquecenteschi, in atto verso la fine del XVIII sec. Notevole la cucina situata al pianterreno, anch'essa in ottimo stato, nella quale si vedono realizzati molti intendimenti dovuti a Benjamin Thompson, conte di Bumford, che portarono alla razionalizzazione del vano cucina dalla seconda metà del XVIII sec.: ampia cappa per la disciplina dei fumi e l'ottimizzazione del calore, piani di lavoro “in vita”, fornelli (detti poi “alla Bumford”), lavello, pozzo, dispense e quanto consentiva una più confortevole preparazione dei cibi. Abitato stabilmente dal 1709 per circa un secolo, riccamente addobbato, divenne una vera e propria corte che esercitò la sua influenza sui maggiorenti del paese e delle località vicine. La proprietà attraverso apparentamenti tra diverse famiglie patrizie genovesi, giunse all'ultima Marchesa di Mombaruzzo, Carlotta Pallavicini Giustiniani che, nel 1978, la cedette alla famiglia Damiano, attuale proprietaria.




CHIESA DI SANT'ANTONIO ABATE - SEC. XIV-XV - MONUMENTO NAZIONALE

 
Originariamente Cella benedettina con annesso cenobio, ad opera dei monaci dell'Abbazia di Fruttuaria di S.Benigno Canavese (sec.Xl - XII); attraverso vari rifacimenti ed amplificazioni si giunse, a partire dal

primitivo stile romanico, all'attuale tardo gotico. Attorno al 1750 venne ampliata la parte absidale, in stile barocco, e costruito il coro. 

Due pietre, murate nella facciata, riportano l'effigie di S.Antonio ed il suo simbolo. La costruzione del campanile viene fatta risalire al XV sec., probabilmente in sostituzione di uno originario eretto dai monaci benedettini. Nella parte inferiore, sotto la fascia di archetti che lo ornano, si notano una testa umana in arenaria e un antico bassorilievo. All'interno - in fondo alla navata di sinistra, alla base del campanile - la cappella del Sacro Cuore di Gesù e totalmente decorata con affreschi quattrocenteschi raffiguranti, sulla parete di fondo: Gesù crocifisso, tra la Madonna e S. Giovanni evangelista e, sottostanti a figura intera, diversi santi tra i quali S. Rocco e S. Bernardino da Siena.

Nella parete sinistra sono raffigurati S. Pietro martire, S. Cristoforo e S. Antonio abate. A destra, la S. Vergine Assunta che sovrasta un Santo vescovo e S. Caterina d'Alessandria oranti. Ai lati del presbiterio, due grandi quadri attribuiti a G. Stura, mostrano S. Carlo che comunica gli appestati e il miracolo dell'ostia. Sulla parete

destra, un interessante affresco di epoca incerta parzialmente coperto e ridotto dalle dimensioni originarie, rappresenta la Madonna in trono col Bambino e S. Antonio Abate benedicente. 

Nella seconda cappella della navata di destra, un affresco del XV sec. raffigura la Madonna con il Bambino, nel quale si notano analogie pittoriche con alcune opere del cosiddetto “Maestro di Boccaverano”.

Degno di nota è il prezioso organo antico, realizzato dall' astigiano Luigi Savina nel 1791.




VILLA PRATO (seconda metà XVIII sec.)

 


L'imponente palazzo si sviluppa sul luogo dell'originaria sede dell'Ospizio dei pellegrini e dell' Ospedale di zona, dedicati da S. Guglielmo di Volpiano -fondatore della Cella benedettina cui erano annessi - a S.Antonio Abate,

protettore di malattie. 

La costruzione si deve al casato della famiglia Prato di via Roma, con capostipite Stefano Alessandro. Caratteristica la torre ottagonale alta 6,10 m. oltre il tetto con copertura piramidale a otto falde e manto

in coppi. E' ora proprietà della famiglia Berta che, in seguito a restauri conservativi, ha recuperato la

costruzione primitiva trasformandola in un originale Relais de Charme.




LA CHIESA DEL PRESEPIO

 
Questa chiesetta campestre, eretta fra i boschi su una piccola altura che ne consente la visione in lontananza, è posta sotto la protezione dei Santi Gioacchino ed Anna, genitori della Madonna ed è una delle più antiche ad essere dedicate al Presepio, in ricordo si dice, di una sosta di S. Francesco d'Assisi presso di noi. 

Racconta la leggenda che in questo luogo, verso il X111 sec., venne trovato un bassorilievo in pietra bianca di scuola veneto-lombarda raffigurante la Natività Gesù, Maria e Giuseppe sormontati dall'effigie del Padre Eterno. Portato nel convento dei Padri zoccolanti per esserne custodito, fu misteriosamente qui ritrovato. Venne così eretta la primitiva chiesa romanica, successivamente riedificata nel 1676. 

Già accuratamente addobbata, dal 1838 fu dotata di un presepio, posto su un piano inclinato attorniante l'altare, costituito da statue in cera di circa 80/ 100 cm, di ottima fattura e riccamente vestite con abiti di seta provenienti dai laboratori locali (purtroppo trafugate verso la seconda metà del Novecento). 

Sul lato del campanile, era addossato il “Romito”, costituito da due stanze di modeste dimensioni, abitate fino a pochi anni prima della loro demolizione, avvenuta nel 1974 in seguito a lavori di restauro della chiesa stessa. 

Sul lato Sud è ben visibile un ampio vano, in seguito murato, forse destinato inizialmente alla costruzione di una cappella laterale. 

Rituale negli anni in questa chiesa, la conclusione delle Rogazioni il giorno dell'Ascensione di N.S. Gesù Cristo, con la benedizione delle campagne e grande concorso della popolazione.


EX ASILO S. LUIGI MUSEO DEL TERRITORIO GIUSEPPE “PININO” NOTA

Inizialmente residenza della famiglia Prato del Ronchetto, l'edificiodel XVII sec., che ancora conserva alcuni elementi architettonici originari, divenne - in seguito alla donazione nel 1858 dell'ultimo proprietario notaio IVI. Rivera - sede dell' Asilo Infantile del paese. 

La storia dell'asilo, costituito in ente morale con regio decreto del I860, è legata indissolubilmente all'attività delle

suore appartenenti alla congregazione “Figlie di N.5. Della Neve”, che vi operarono dal 1863 al 1967, data di chiusura dell'ente e dell'orfanotrofio femminile divia Trieste, da loro stesse istituito.

L'edificio è ora sede del museo del territorio dedicato alla memoria del Gav. Giuseppe “Pinino” Nota e conserva tra l'altro attrezzi e utensili attinenti alle attività locali nel tempo, la riproduzione di un' aula scolastica di inizio secolo scorso, nonché un'ampia esposizione di esemplari ornitologici.



CHIESA DI SAN MARZIANO

 
Sconsacrata nel 1968, fu una delle tre parrocchie di Mombaruzzo, a partire dal XVII sec. fino al 1947. Dedicata ad uno dei patroni del Marchesato del Monferrato, di cui Mombaruzzo fece parte per secoli, prese origine probabilmente da una piccola chiesa romanica, succursale della Pieve cristiana sorta in Val Cervino attorno al VI sec. 

Fu sempre oggetto di una particolare cura da parte dei Marchesi, residenti nel vicino Palazzo dal XVII sec. in poi. La celebrazione più importante dell'anno avveniva in preparazione alla Quaresima, con Messe solenni molto frequentate la domenica ed il Martedì di Carnevale. 

Altre ricorrenze particolarmente sentite riguardavano:

- La Madonna del Carmine, alla quale era dedicata una delle cappelle, con una bella statua ed un magnifico altare in legno di stile barocco, unico arredo salvato dall'intervento della Soprintendenza ai beni artistici e storici.

- La Madonna di Lourdes, la cui cappella nella navata di destra era totalmente occupata dalla riproduzione della grotta. L'antistante porticato venne demolito dopo la sconsacrazione. 

Difficile scindere la storia di questa chiesa - e soprattutto il divenire della sua struttura nei secoli - dalla contigua e più antica




IL CONVENTO DI SANTA MARIA DI GESU'

 

Non ben definita la data della sua fondazione: 1456 oppure 1466. La costruzione è attribuita ai Frati Benedettini cui subentrarono i Frati Minori Osservanti, detti anche Zoccolanti. ln posizione decisamente panoramica, vennero realizzati: la loro dimora, il grande chiostro e l'ampia chiesa con campanile, in una cintura di massicci muraglioni alti tre metri, difesi all'esterno da uno spalto alberato. Fu costruita una grossa vasca, tuttora esistente, “la peschiera”, che raccogliendo l'acqua piovana della sovrastante collina, consentiva il rifornimento idrico, l'irrigazione della parte pianeggiante adibita a orto e frutteto, nonché l'allevamento dei pesci. I monaci svolgevano anche attività intellettuali: avevano una ricca biblioteca, archivi, uffici amministrativi, erano custodi dei reperti storici del luogo. Purtroppo però arredi e suppellettili furono oggetto di saccheggio dopo la soppressione del convento nel 1802. Nel 1807 i beni restanti furono nazionalizzati e venduti all'asta, con vari passaggi di mano compreso il Demanio che, nel 1814, lo affidò alla sorveglianza della locale Autorità Comunale.


Nel 1920 il caseggiato era ancora come in origine ad eccezione della chiesa, già ridotta allo stato attuale fino dal tempo dei frati. Successivamente l'edificio fu demolito nella sua parte più panoramica verso la valle e vennero abbattuti i


muraglioni di cinta. L'edificio è stato dichiarato dall'Ufficio Centrale per i Beni Architettonici Archeologici Artistici e Storici del Piemonte “di interesse particolarmente importante”.


















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